Sergio Tosini


AGGIUSTARE LA BUSSOLA IMPAZZITA DELLA NOSTRA IMPRESA POLITICA
            contributo di Sergio Tosini per l’assemblea del 30 Settembre


1- La Bussola impazzita
Dopo l’avvento del governo Monti quelli che erano ritardi e problemi nella costruzione di SEL sia sul terreno dell’identità e della strategia politica che su quello della azione politica e delle linee programmatiche sono esplosi dando luogo ad una miscela impazzita che rischia di travolgerci. Politicismo esasperato, pesanti residui di minoritarismo coniugati ad impressionanti cadute di autonomia politica, un rinsecchirsi pesante della partecipazione e della democrazia interna ( la discussione tra diverse opzioni, e gli elementi critici visti come un disvalore), e, per ultimo, ma non ultimo, restringere l’orizzonte di Firenze che puntava a costruire una sinistra di massa fondata sull’alternativa politica e sociale alla sola costruzione dell’alleanza elettorale di centro-sinistra come obiettivo esaustivo della nostra prospettiva. Di qui l’alleanzismo, il politicismo, l’eclettismo.
Per questo è urgente un intervento per aggiustare questa bussola impazzita, per questo l’assemblea del 30 Settembre può essere l’inizio di un ripensamento collettivo.

2- Ragioniamo per una volta anche su errori e sconfitte
E’ paradossale che non si spenda una parola e non si discuta sul fatto che il malcontento popolare ed il conflitto sociale cresciuto verso il governo Monti non si sia rivolto e non sia stato intercettato quasi per nulla da SEL. La perdita di rapporto organico con i propri referenti sociali dichiarati è ormai diffusa in tutta la sinistra.
E’ una concezione  “non classista” della dinamica sociale e politica che ha come effetto di relegare il conflitto, quando va bene, alla sola dimensione economico-sindacale.
Con ciò si introiettano gli effetti della disgregazione e segmentazione del mondo del lavoro invece di contrastarli.
E dire che nel fronte avversario la coscienza di classe è ben salda e presente anzi; con l’avvento al potere, in particolare in Occidente, delle finanza e dell’emergere di una nuova classe dirigente a livello internazionale, l’identità dl classe è forte sia socialmente che politicamente. Le radici del politicismo sono dentro questi errori quando si affrontano le questioni sociali come strumento di “posizionamento politico” e come “teatro virtuale” piuttosto che fornire una proposta politica capace di indicare la strada per la soluzione dei problemi dei soggetti fondamentali ai quali facciamo riferimento.

3- Il lavoro in SEL
Permane al nostro interno, al di là delle dichiarazioni, un retaggio minoritario che, in particolare per quanto riguarda il movimento sindacale (CGIL), si indirizza sostanzialmente a costruirsi dei propri referenti (tra le aree più di sinistra) abbandonando, anzi avversando, il terreno di conquistare consenso ed influenza sull’intera CGIL. Così nel rapporto con la CGIL c’è da un lato lo schiacciamento “a prescindere” sulla FIOM e dall’altra, parallelamente, una parte consistente dei dirigenti nazionali e quadri intermedi della CGIL iscritti a SEL  ( che sono numerosi) che non conducono azioni significative. Prendiamo questa questione dei Referendum sull’art.18 dello statuto e sull’art 8 della manovra di Berlusconi dell’Agosto 2011.
Come dovrebbe essere a tutti noto lo strumento referendario applicato ai temi del lavoro presenta una difficoltà strutturale relativa a chiamare tutto il corpo elettorale a pronunciarsi su questioni riguardanti la classe lavoratrice ma, a parte questo, e non è poco, l’esperienza fatta sul campo relativa al non raggiungimento del quorum nelle precedenti occasioni, e come ammesso dagli stessi organizzatori del Referendum prevista anche in questo caso, suscita perplessità. Aggiungo che gli argomenti non parlano alla maggioranza dei lavoratori anzi per quello sull’art.8 il rischio di boomerang è palese.
Non si capisce poi perché, partecipando ad una coalizione di centro-sinistra non si sia posta tale questione come elemento forte del programma di governo qualora le elezioni vengano vinte. Si pensa quindi di utilizzare la campagna referendaria come campagna elettorale. Trovo questo un fatto strumentale che, tra l’altro, non ci farà di certo guadagnare voti quanto, piuttosto perderne. Forse non tutti ci hanno riflettuto ma non sono queste questioni in cima alla preoccupazioni della maggioranza dei lavoratori. Aggiungo, tra l’altro, che la foto di gruppo dei presentatori non mi rassicura, anzi aumenta le mie preoccupazioni, tra l’altro mi pare schizofrenico. Se da una parte valuto anche io che nel rapporto con il PD ci voleva più autonomia politica non è certamente la foto dei presentatori dei Referendum la risposta giusta.

4- Le politiche sociali in SEL
Anche sulla questione del disegno di legge di iniziativa popolare sul Reddito Minimo (non si capisce perché garantito; sarebbe la sola cosa garantita in questo paese) si è scelta una strada “originale” di propagandare il titolo e poi nei contenuti del disegno di legge proporre un provvedimento inaccettabile e contro i lavoratori. Se uno lo legge si accorge subito che si propone di finanziarlo tramite l’INPS (sapendo che i fondi attivi sono quelli dei lavoratori dipendenti e delle prestazioni temporanee). Se uno lo legge si accorge che il reddito minimo è indirizzato al lavoro autonomo. Se uno lo legge si accorge che dal reddito Minimo sono esclusi i pensionati (la pensione sociale è intorno a 450 Euro ben al di sotto del reddito minimo. Se uno lo legge non può che ridere quando per un metalmeccanico con moglie e figlio a carico si propone un reddito minimo superiore al salario medio. E così continuando. Anche per i giovani la proposta è assolutamente insoddisfacente.
5 – Riaprire la partita?
Ho sempre inteso che lo slogan del congresso di Firenze “riaprire la partita e non un partito” sintetizzasse il fatto che l’obiettivo era la costruzione di una nuova sinistra di massa in questo paese e che, di conseguenza, non postulavamo SEL come soggetto definitivo nel campo della sinistra che sconfiggesse gli altri raccogliendo tutti intorno a se stesso. Mi accorgo invece che la declinazione che da troppo tempo prevale è quella di non dare adeguata e necessaria forma organizzata al nostro progetto in particolare sulla partecipazione degli iscritti alle decisioni e alla formazione dei gruppi dirigenti,  al progressivo rinsecchirsi dei luoghi di elaborazione politica e delle politiche, di concentrare tutto nel coordinamento nazionale. Non è questa la via attraverso cui si evita la separatezza dai problemi reali delle persone, del prevalere del burocratismo, della mancanza di partecipazione e di democrazia interna presente nei maggiori partiti e che è concausa del fenomeno dell’”antipolitica”.
Per quanto riguarda SEL so benissimo le difficoltà relative al fatto che si sono messi insieme compagne e compagni con storie, culture e provenienze diverse ma la via che si è di fatto affermata nella costruzione dei gruppi dirigenti è stata quella della cooptazione di esponenti di “cordate” piuttosto che operare con il criterio del pluralismo che è antitetico alla cooptazione. Aggiungo, già che ci sono, che non è stata efficacemente contrastat la tendenza a fare di SEL un “partito degli eletti” o degli eligendi  ( questione che oggi, nell’imminenza delle elezioni provoca serie turbative). 
Insomma per riaprire la partita dobbiamo avere le carte in regola e correggere rapidamente alcuni errori che stiamo compiendo.

6- Il rapporto con il PD
Ritengo che bisogna ritrovare un equilibrio e non essere schizoidi; con il PD stiamo costruendo una alleanza elettorale per dare al paese una alternativa di Governo. Va da se che sui contenuti che noi riteniamo fondamentali sia necessario trovare un accordo. Ma la “trattativa” deve avvenire alla luce del sole ponendo i problemi ed utilizzando le primarie come verifica di massa anche sul programma del futuro Governo.
Con queste motivazioni ho aderito alla Assemblea del 30 perché ritengo necessario un intervento della base di SEL per correggere una situazione preoccupante; voglio però precisare che non è tra le mie motivazioni quella di sostituire la foto di Vasto con quella dei presentatori del Referendum.

Roma 12 Settembre 2012
Sergio Tosini 

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