lunedì 1 ottobre 2012

Testo presentato alla fine dell'assemblea. non si tratta di un testo sottoposto a voto ma una conclusione aperta.



Il 30 settembre a Roma si è svolta l’assemblea promossa dai firmatari e dalle firmatarie del documento “Non affoghiamo nella vecchia politica le speranze sollevate da SEL”.
Hanno partecipato compagni/e iscritti, responsabili di circoli territoriali, eletti in istituzioni locali, elettori e simpatizzanti di SEL che non provengono da una specifica storia politica o area né aspirano a crearne una nuova. Hanno opinioni diverse su aspetti programmatici così come sulla previsione di ciò che avverrà nei prossimi mesi. Sono elettori non rassegnati della sinistra, militanti appassionati al progetto su cui SEL è nata di ricostruire una sinistra larga capace di candidarsi al governo del cambiamento.
L’assemblea ha offerto uno spazio per l’espressione di un disagio cresciuto spesso nelle realtà locali e di un disorientamento frutto di un deficit nella costruzione partecipata della nostra politica a livello nazionale. Abbiamo assunto una responsabilità a servizio di Sel e abbiamo provato a mettere a disposizione un’occasione di confronto per trasformare questo disagio in politica e proposta. Anche i limiti della discussione svoltasi in questa assemblea sono il segno del problema che abbiamo posto e cioè la carenza di occasioni di confronto ed elaborazione condivisa.  
Non assumiamo ovviamente nessuna decisione organizzativa ma mettiamo a disposizione di SEL questo stimolo e assumiamo tutti i contributi come patrimonio per la discussione. Renderemo disponibile on line le riprese dell’assemblea e i contributi scritti di chi non è riuscita/o ad intervenire.

Ci rivolgiamo al gruppo dirigente di SEL, perché siamo convinti che senza un cambio nel nostro modo di essere e di organizzarci entra in crisi anche la nostra capacità di  interloquire con ciò che si muove nella società; la nostra credibilità; la nostra autorevolezza nel presentarci come punto di riferimento agli occhi di un elettorato di sinistra deluso ma anche di quella sinistra diffusa che, ogni volta che gli si dà spazio, dimostra di poter vincere.
Per questo il nodo cruciale del nostro appuntamento è la democrazia: non intesa come una generica e innocua “petizione di partecipazione” ma piuttosto per il nesso tra la qualità delle forme di partecipazione e la credibilità della nostra proposta politica. Siamo convinti che la capacità di incidere su alleanze e programmi dipende anche dalla qualità del modo in cui stiamo insieme e dalle forze sociali che SEL è in grado di coinvolgere nelle battaglie che porta avanti.  Senza il coinvolgimento di una sinistra ampia e plurale, senza partecipazione e apertura non riapriremo nessuna partita.
Il sentimento che ci muove non è l’antipolitica né il culto del minoritarismo di sinistra, né la nostalgia del modello tradizionale di partito gerarchico e burocratico: il nodo sulla qualità della vita democratica e della partecipazione va ben oltre SEL, per questo poniamo questo tema a tutta la sinistra, la  forze politiche, i movimenti e le reti sociali.

Il Governo Monti ha aggravato la crisi e il nostro primo obiettivo deve essere contrastare  qualsiasi ipotesi che riproponga le sue politiche e assuma i vincoli di bilancio europei come quadro indiscutibile per le prossime politiche. La crisi distruttiva del neoliberismo, della globalizzazione finanziaria, desertifica la società e distrugge diritti e risorse ma apre anche una nuova possibilità di critica e di contrasto del consenso alle politiche neoliberiste di tre decenni.

Oggi la costruzione di una coalizione di governo, capace di prefigurare un’alternativa, è più difficile di un anno fa: la costituzione del governo Monti e le sue politiche hanno incrinato la leggibilità di un’alternativa di centrosinistra alla destra e al berlusconismo, hanno determinato la crisi di una  coalizione larga e, soprattutto, incrinato il rapporto tra centrosinistra politico e quella parte di paese che aveva determinato la vittoria dei referendum sull’acqua, che aveva rotto l’egemonia berlusconiana nel Paese. Con la rottura con l’Italia dei Valori e con l’esplodere di un conflitto tutto interno al Partito Democratico, le primarie rischiano di mutare senso. La candidatura di  Nichi Vendola alle primarie deve dunque misurarsi con questo nuovo quadro.

Oggi condizione preliminare per lo svolgimento di primarie che non siano un surrogato del congresso del PD ma un’effettiva occasione di costruzione di una coalizione larga, è lo sviluppo di un confronto programmatico che delinei un profilo della coalizione larga di centrosinistra leggibile.

Ma proprio perché non siamo rassegnati a questo esito e cioè a una divisione nel centrosinistra che determini un’egemonia moderata nel principale partito della coalizione e  a una prosecuzione delle politiche neoliberiste e monetariste che comprimono le condizioni di vita delle persone e gli spazi di democrazia nei paesi europei, vogliamo caratterizzare la candidatura di Nichi Vendola alle primarie su tre elementi su cui raccogliere un impegno e un consenso largo a sinistra: il superamento dell’agenda Monti e il cambio delle politiche depressive e antipopolari in Italia e in Europa, l’allargamento della coalizione alle forze politiche dello schieramento di centrosinistra ma soprattutto alla società.
Se vogliamo scongiurare l’esito di una chiusura moderata del quadro politico la candidatura di Nichi Vendola può essere lo strumento comune, largo,  per indicare una prospettiva. Per questo ci rivolgiamo alla sinistra sociale, culturale e politica per fare, anche nella differenza di collocazione e prospettive, della candidatura di Vendola lo strumento per contrastare l’ipotesi del Governo Monti bis e il superamento  delle politiche di rigore europeo, in particolare MES e Fiscal Compact. Al tempo stesso una legge elettorale che imponesse una lista unica comprometterebbe l’idea di una sinistra autonoma e determinerebbe un’ulteriore allontanamento del centrosinistra dal popolo che intende rappresentare.
Ma in una fase allarmante di crisi sociale, civile e democratica,  è necessario che il cambiamento non si rilanci solo attraverso le urne, ma attraverso una lunga e paziente creazione di coalizioni sociali, di contrasto alla frammentazione sociale e all’involuzione politica e culturale. Crediamo che la politica sia anche trasformazione delle relazioni quotidiane,  costruzione di processi sociali che spostano e trasformano gli orientamenti diffusi nel Paese: essa non si esaurisce nell’esperienza del governo. Ma, al tempo stesso, una sinistra che rifiuti programmaticamente di cimentarsi col nodo del governo rinuncerebbe al suo ruolo e non risponderebbe al bisogno di cambiamento delle condizioni materiali di vita delle persone.  
La costruzione di un profilo avanzato e innovativo di una proposta di governo di alternativa non può essere affidata ad una trattativa tra partiti che costringa continuamente la sinistra nell’alternativa tra rottura o accettazione di politiche imposte dalla componente moderata: è necessario costruire processi nella società che spostino gli orientamenti   nella coalizione  e ancor prima nella società:

  • Il primo terreno per produrre concretamente il programma della coalizione è rappresentato dai Referendum sul lavoro che impongono una priorità e un indirizzo per la prossima legislatura e offrono un terreno di lavoro comune con la Fiom e tante esperienze politiche a sinistra, per rompere la solitudine politica del mondo del lavoro e raccogliere la grande sofferenza diffusa anche nel corpo della CGIL. Riporre il tema dei diritti dei lavoratori è condizione per ridare dignità e voce ai lavori nella loro pluralità, guardando a quel mondo della precarietà cresciuto fuori dalle regole le tutele e le forme tradizionali del lavoro.  Ridare centralità al lavoro vuol dire anche riaprire un’iniziativa di massa e un’elaborazione politica capace di prefigurare un’idea di sviluppo che non contrapponga diritti e sviluppo, ambiente e salute al lavoro. La crisi è crisi di un modo di produrre e non se ne esce senza un’idea diversa dello sviluppo.
  • Il secondo terreno riguarda i diritti civili, la laicità, le libertà di uomini e donne con qualsiasi orientamento sessuale. Anche su questo terreno crediamo necessario costruire una grande campagna nazionale che prospetti un’altra idea di libertà rispetto al berlusconismo e una diversa civiltà rispetto alle spinte clericali e oscurantiste. La lotta per i matrimoni omosessuali, per la difesa della legge 194 e della libertà a salute sessuale delle donne, l’impegno contro la Legge 40, sulla procreazione assistita, sulle relazioni di potere tra i sessi  non sono questioni parziali ma disegnano un’alternativa di civiltà al modello berlusconiano che ha segnato gli ultimi anni del nostro Paese.
  • Un terzo terreno su cui è possibile coniugare costruzione del programma di governo nazionale e rapporto con pratiche diffuse è quello dei beni comuni che oggi si presenta in una forma aggiornata dopo la vittoria del referendum: la spinta alla vendita del patrimonio pubblico per la riduzione del debito. Oltre ai comitati per l’acqua e per il rispetto dell’esito referendario, le tante vertenze per l’uso degli spazi pubblici nelle città intrecciano questo tema alla produzione di cultura e di relazioni sociali nelle città e alla reinvenzione del rapporto tra società, isitituzioni locali e forme di autogoverno.
  • Lanciamo inoltre la proposta di un’assemblea nazionale sulle forme della politica: le sue pratiche, i suoi linguaggi, il suo carattere inclusivo, le forme di conflitto, partecipazione e costruzione delle decisioni e degli indirizzi. Al congresso di Firenze mettemmo da parte questa discussione: va ripresa liberandola dal confronto sull’elezione dei gruppi dirigenti. Tra i modelli tradizionali di partito e le degenerazioni dei partiti attuali è necessario riproporre una sperimentazione che valorizzi il radicamento nei territori ma anche l’impegno tematico, la relazione con i movimenti, il superamento di linguaggi e modelli organizzativi gerarchici. Una riflessione che deve orientare il ripensamento del modo di vivere di SEL ma anche contribuire a una riflessione e una ricerca più ampia.
  • La buona politica comincia anche con il darsi regole limpide. Proponiamo che SEL giunga all’appuntamento elettorale dando un segno chiaro di cambiamento e di alterità. Tra le indicazioni crediamo si debba discutere di procedure trasparenti sulla decisione delle candidature di SEL a livello nazionale e locale , incompatibilità tra incarichi amministrativi e candidature politiche, limiti di spesa certi per le campagne elettorali dei candidati e obbligo di pubblicizzazione dei bilanci negli organismi locali, modelli organizzativi e costruzione degli organismi locali che garantiscano l’autonomia di SEL dalla dimensione istituzionale. Oltre le regole è necessario impegnarci attivamente per ridurre i vincoli culturali che impoveriscono la nostra vita democratica, cambiare i tempi tradizionali della politica che limitano la presenza delle donne sia nelle cariche elettive sia nei ruoli di responsabilità nei partiti, valorizzare la presenza dei giovani, superare pratiche che premiano il conformismo a scapito della ricerca libera, del confronto aperto come condizione di una comunità plurale, aperta, inclusiva e solidale.