Giovanni Lamagna


Perché non condivido la recente intesa raggiunta tra Vendola e Bersani per una coalizione di centrosinistra per le prossime elezioni politiche?
Per più di un motivo che cercherò di argomentare.
1)      L’intesa è stata raggiunta sulla base di una “carta d’intenti” presentata dal segretario del PD, che (non si può negare) dice cose nuove rispetto alle recenti scelte politiche di questo partito, ma lo fa in modo ancora molto generico e (soprattutto) senza dichiarare e men che mai motivare la discontinuità che le nuove scelte dovrebbero significare rispetto alle politiche del governo Monti, appoggiato senza se e senza ma dal PD.
2)      Anzi la “carta di intenti” afferma in modo molto solenne che “le forze della coalizione … si dovranno impegnare a … assicurare il pieno sostegno, fino alla loro eventuale rinegoziazione, degli impegni già assunti dal nostro paese o che dovranno esserlo in un prossimo futuro”. Il che significa, per fare solo due esempi, che Sel, sottoscrivendo l’accordo con il Pd si impegna a sostenere il “fiscal compact” e le cosiddette missioni di pace o umanitarie in cui l’Italia è attualmente impegnata.
3)      Inoltre la “carta di intenti” si propone in maniera esplicita di “cercare un accordo di legislatura con le forze del centro moderato”. Non si capisce come pensa di raggiungere alcune delle cose che pure vengono prospettate nella “carta” facendo l’accordo di legislatura con queste forze. Ma in questo momento non mi preme far emergere in primo luogo questa contraddizione, quanto evidenziare che Sel, addivenendo a una intesa sulla base di questa “carta”, era ben consapevole della intenzione del Pd di fare “un accordo di legislatura con le forze del centro moderato” e, quindi, implicitamente l’accettava.
4)      Solo in seguito al vivace (per usare un eufemismo) dibattito che si è aperto in SEL (soprattutto sulla rete) immediatamente dopo la dichiarazione dell’intesa raggiunta, ci sono stati da parte della dirigenza Sel due fatti nuovi: la dichiarazione solenne che mai si sarebbe fatta una coalizione con l’UDC; la presentazione di un documento (E’ tempo di cambiare) che enuncia le posizioni programmatiche storiche di Sel. Prima obiezione: - ma è stato detto a Bersani che noi mai avremmo fatto una coalizione con l’UDC? Se sì, cosa ha risposto Bersani? Se no, sulla base di quale intesa è stata fatta l’intesa? –Seconda obiezione: quando Bersani ha presentato la sua “carta di intenti” noi gli abbiamo presentato il nostro documento o ce lo siamo tenuti in tasca per non turbarlo troppo? Nel primo caso, quali riscontri ha dato Bersani? Nel secondo, che senso ha avuto presentarlo dopo l’intesa dichiarata già raggiunta? Sono domande alle quali il popolo di Sel, ma anche i simpatizzanti e anche il vasto popolo della sinistra che non si riconosce in Sel ha diritto (credo) ad avere delle risposte. Il fatto che queste risposte non siano ancora state date, impone quantomeno un giudizio (negativo) sul metodo con cui si è proceduto in questa vicenda.
5)      Altra obiezione di metodo. Nel mese di giugno c’erano stati due fatti politici molto significativi che avevano visti protagonisti Vendola e Sel: Vendola e Di Pietro vanno insieme a una trasmissione su La 7 con Luca Telese e Nicola Porro; pochi giorni dopo fanno una conferenza stampa comune a Montecitorio; in entrambe le situazioni dichiarano solennemente il loro asse preferenziale, in pratica la nascita di una coalizione, su contenuti politici chiaramente, nettamente alternativi al governo Monti e invitano il Pd a unirsi a loro; altrimenti essi sarebbero andati avanti da soli o, meglio, con le forze politiche e i soggetti della società civile che ci fossero stati. Alla fine del mese di luglio Bersani chiama Vendola a un’intesa (che esclude Di Pietro) e il leader di Sel si dichiara d’accordo. Che cosa ha determinato questo brusco e repentino capovolgimento di fronte? Vendola lo deve ancora spiegare in maniera seria e approfondita. La risposta che ha dato finora (è stato Di Pietro a tirarsi fuori) è poco seria e non è degna di lui.
6)      Fino all’ultima Assemblea Nazionale di Sel, la linea politica definita da questo organismo era quella portata avanti con le due iniziative di cui si è fatto cenno prima: quelle con Di Pietro. Vendola cambia linea, senza aver prima convocato l’Assemblea Nazionale e farsi dare (casomai) da essa un mandato per farlo. L’Assemblea Nazionale si riunirà domani, dopo l’intesa con Bersani e non prima. Non è chiaro, a questo punto, per fare che cosa. Solo per ratificare l’intesa? Ma allora a che serve questo organismo? Per poterla discutere ed eventualmente bocciare? E in questo caso (da metter in conto, se si convoca un organismo) cosa farà Vendola? Si dimetterà da Presidente di Sel?
7)      Finora ho affrontato essenzialmente questioni di metodo. Adesso qualche questione di merito. Non c’è dubbio che il documento di Sel rispetto a quello presentato da Bersani è molto più chiaro e preciso. Il punto però non è presentare un documento (più o meno bello e ben fatto). Il punto è capire su quali questioni poste da noi il Pd è d’accordo e su quali non lo è. Su quali questioni è stata effettivamente raggiunta un’intesa. Solo questo ci consentirà di capire se questa intesa rappresenta realmente un’inversione di tendenza rispetto alle attuali politiche montiane e tutte appoggiate dal Pd. La mia convinzione è che il Pd (tutto il Pd, non solo le sue parti più moderate) non potrà mai accettare una radicale inversione di tendenza rispetto a Monti, come chiediamo noi. E’ molto più credibile che saremo noi, se andrà avanti l’accordo, a dover accontentarci di piccoli cambiamenti in un quadro di sostanziale continuità. Specie, se come propone il Pd, la colaizione si aprirà al centro moderato. Per questo io sono anche d’accordo a verificare la possibilità di un’intesa, ma non la darei affatto per già raggiunta.
8)      Trovo paradossale che noi, che siamo stati radicalmente antimontiani, nel momento in cui andiamo a scegliere le alleanze le facciamo con chi ha appoggiato finora Monti e rompiamo con chi lo ha contrastato. Questa cosa per me, a dire il vero, non è solo paradossale, ma è incredibile, è il segno di una incoerenza politica inspiegabile.
9)      O, meglio, è spiegabile in due soli modi: - con la paura di non superare il quorum e di non riuscire a entrare in Parlamento; - con la preoccupazione di non fare una coalizione in grado di vincere le elezioni e di essere quindi “condannati” a fare l’opposizione.
10)   Trovo entrambe le spiegazioni insoddisfacenti. La prima è per me infondata, perché credo che facendo una coalizione con Di Pietro innanzitutto, ma soprattutto aperta alle realtà di movimento della società civile (tipo Alba, ad esempio; per non parlare della Fiom), questa volta non ci sarebbero stati rischi di non superare il quorum.
11)   Relativamente alla seconda, ritengo che facendo già da adesso una buona campagna elettorale non si poteva escludere di ottenere un risultato elettorale clamoroso; e con questo non dico governare da soli, ma porre almeno condizioni serie, pesanti ad un’eventuale alleanza col Pd.
12)   Infine: io non ritengo affatto una iattura o una condanna quella di fare l’opposizione. Penso, infatti, che una democrazia si fondi molto di più sulla opposizione che sulla maggioranza. Una democrazia dove non ci fosse l’opposizione non sarebbe più una democrazia, ama un regime. Penso, inoltre,che si possano ottenere più risultati dall’opposizione con una piattaforma politica seria, credibile e, soprattutto, sostenuta da una solida base sociale; piuttosto che stando al governo, in una coalizione dove si pesa poco o niente (come insegnano esperienze già fatte in questi ultimi venti anni) e, soprattutto, dove i propri contenuti si perdono, in un indistinto nel quale non si percepiscono più le differenze da quelli degli altri, per cui diventa difficile anche tenere aperta una prospettiva per il futuro.
13)   La battuta di Vendola (non voglio più essere il migliore dei perdenti) è francamente infelice. Certo a nessuno piace perdere. Manco a me. Ma io non sono disposto a vincere a qualsiasi prezzo. Ci sono prezzi che trasformano apparenti vittorie in sconfitte di fatto. Io non voglio “perdermi” per “non perdere”.

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