Marcello Pesarini


Cari compagni e compagne,
mi rivolgo ai firmatari dell'appello per “Non affoghiamo” ed ai promotori dell'incontro del 30 settembre. Mi rivolgo a voi apprezzando i vostri intenti, ma ritrovandomi come quasi 5 anni fa nell' appello della allora V mozione al Congresso di Rifondazione “Disarmiamoci”.
A quel tempo votai con pochi altri la V mozione, che suggeriva di portare avanti la discussione fra compagni simili, che non si dovevano dividere sul pensiero di Bertinotti portato alle estreme conseguenze o sulla ritrovata identità comunista come se essa fosse antitetica al mondo dell'associazionismo ed a quello dei movimenti.  Ciò non è stato, e sono uscito con dolore dal PRC nel quale avevo seguito per almeno dieci anni le politiche sociali con piacere e imparando molto. Avevamo anche subito, in tanti, duri attacchi e boicottaggi perché a molti era sgradito un partito aperto e veramente al servizio del proletariato, e non solo che lo proclamasse. Altri compagni, a cui mi lega un affetto enorme, hanno subito ben più di me per la loro coerenza, e sono rimasti. Il loro esempio mi è da guida.
Vado brevemente avanti. Senza rompere con nessuno, ho proseguito con difficoltà perché un partito è un partito, ed un movimento spesso è meno democratico di un partito. Non ha strumenti veri di monitoraggio, spesso diventa un'elite. Ho aderito al Forum Diritti di SEL della Provincia di Ancona per i buoni rapporti con alcuni compagni, mi hanno nominato coordinatore anche se non sono iscritto e più che mai sono convinto che non voterò l’attuale SEL, e qui ho cominciato a conoscere il partito “leggero”. Non fa per me. Quello che voi nel documento chiamate “non burocratizzazione” fa si in pratica che la macchina non funzioni, che il lavoro comune non venga preso in considerazione, non faccia linea ma conti ancora di meno di quanto contava in Rifondazione, la vecchia.
Il nostro forum ha prodotto i documenti che allego. Non siamo riusciti a farli prendere in considerazione più di tanto a livello del forum nazionale perché, ho il sospetto, non interessano documenti che portano alla mobilitazione, all’azione ed al collegamento con altre realtà. Un po come avviene per la TAV, per le lotte operaie varie, ma anche per i beni comuni. SEL  evoca diritti, narrazioni (parola che odio) ma non li pratica, ed è sempre più interessata ad una guerra di poszione. E anche se li pratica, e non posso dire che nessuno ci abbia tarpato le ali a livello locale, non li inserisce poi in un quadro di vera opposizione al sistema, perché SEL non è nata, come io speravo, per opporsi al liberismo, ma, come dite voi con molta sincerità, per riempire quello spazio fra la resa al sistema del PD e l’isolamento dell’estrema sinistra. Quello spazio c’è, ma va costruito, non rimirato: è lo spazio di chi, prima o poi, fa giunte col PD, o per ancorarlo, o per starci perché sennò isolati non contiamo nulla. Invece questo spazio deve cambiare totalmente, e diventare lo spazio di chi mette in pratica parole che ci devono differenziare e fare riconoscere da chi lavora e non ha sicurezze, da chi non lavora per colpa del capitale , e questo deve avvenire a priori, prima e non dopo le alleanze. Faccio degli esempi: mettere in pubblico parole d’ordine come
1)      NON SI LAVORA IL GIORNO DI FESTA
2)       LA CRISI FACCIAMOLA PAGARE A CHI LA HA CAUSATA
3)      ORGANIZZIAMO BRIGATE DI LAVORO SOCIALE NEGLI ALVEI DEI FIUMI, NELLE CASE ABBANDONATE, E CHIEDIAMO I FONDI ALLE ISITUZIONI.
Se c’è qualche speranza che questo avvenga, gli atti li abbiamo avuti da Rifondazione, con le Brigate, non da SEL. Mi dispiace moltissimo doverlo dire, ma in SEL c’è, come elemento fondante, l’anticomunismo di fondo, non scritto, ma viene fuori, ed io ci ho provato a lungo a far finta di niente ma non ci riesco a sopportarlo. La ricerca del “nuovo” è un’araba fenice, e porta al disimpegno. La mia generazione, quella che oggi ha sui 55-60 anni, ha molte colpe nell’assolutismo con cui ha affrontato la politica, e la delusione che è seguita alle sconfitte ha fatto male a noi ed ai nostri figli. Ma un’autocritica vera, profonda, manca, e non può essere sostituita dall’assunzione delle idee dell’avversario, proprio quando esso è più pericoloso, perché avverte la stretta della crisi ed è pronto a fare terra bruciata attorno a sè. Il pericolo che avverto, con l’esaltazione di forme di finta democrazia come le primarie è l’allontanamento della discussione politica, economica, dell’aggregazione di compagni e cittadini attorno agli stessi nodi su cui abbiamo combattuto insieme, beni comuni, pace, salario sociale, riduzione dell’orario di lavoro: in due parole, la famosa burocratizzazione. Ci sono belle esperienze nella mia provincia, come a Santa Maria Nuova, dove i compagni e le compagne di SEL hanno  posto dei punti discriminanti e hanno sconfitto la linea moderata del PD prendendo il comune nel 2011 ed avviandolo ad un’altra partecipazione. Vorrei tanto che queste esperienze fossero estese e apprezzate, invece sono spesso viste come avventuriste e pericolose.
Cercherò, non so come, di proseguire la mia collaborazione nel campo della giustizia e dell’immigrazione, perché i contatti che ho voluto mantenere dopo l’uscita da Rifondazione li ho mantenuti grazie anche a SEL della Provincia di Ancona, ma sento la difficoltà comunque nel ruolo di coordinatore di rappresentare una scelta che non è la mia, e che rischia di allontanare più che unire. Le stesse parole, le continuerò a dire ai compagni che frequento di più ad Ancona e nelle Marche, per indicare un’unità a sinistra  in contrapposizione al  cammino già orientato all’interno del centrosinistra.

Marcello Pesarini, Ancona

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