il manifesto - 22/09/2012
Beni comuni, giustizia sociale, lavoro,
diritti civili e un nuovo modello di sviluppo erano le punte di diamante
dell’alternativa di governo che le vittorie amministrative e referendarie del
2011 preannunciavano mentre mettevano in moto coalizioni larghe – politica, società
civile, partiti, movimenti – che mescolavano le culture riformiste e quelle
radicali, rompendo autismi, diffidenze e solitudini.
Oggi, quel cantiere plurale del
rinnovamento, il protagonismo delle generazioni più giovani e la forza
dirompente che proveniva dalla netta sensazione di essere davanti ad una discontinuità
culturale, economica e sociale sono in standby, apparentemente immobilizzati dai
vincoli
europei e dal ricatto dei mercati affidati ad
accordi elettorali verticistici, manovre illusioniste ed equllibrismi vari.
Eppure il processo di cambiamento era già iniziato, con i movimenti delle
donne, degli studenti, di lotta al precariato, le associazioni e i comitati. E
poi con i risultati elettorali ottenuti non troppo tempo fa a Napoli, Milano,
Cagliari e altre città. Queste sono le forze che avevano costituito la base
sociale e culturale dei sindaci dell' alternativa e dei grandi successi
referendari che abbiamo ottenuto. Ancora oggi, pur nella difficoltà del
governo, queste affermazioni sembrano ancora suggerirci qualcosa di
significativo.
Innanzitutto ci ricordano che sinistra e
alternativa non si rilanciano solo attraverso le urne, ma attraverso una lunga
e paziente creazione di coalizioni sociali. Un orizzonte che, giorno dopo
giorno, diventa necessario perchè il
ruolo dei partiti come ponte tra società e Stato si è logorato fino al punto
che essi sono diventati sinonimo di un ceto politico separato. La risposta a
questo crollo di legittimazione, che è lo specchio dello spostamento del potere
reale verso luoghi sempre più opachi e inaccessibili, potrebbe venire dal
rilancio del laboratorio politico che avevano iniziato a costruire.
E’ possibile recuperare quella ricchezza?
Il progetto politico lanciato da SEL è forse
l’unico in grado di poterlo fare, sia per quanto riguarda il livello nazionale
di governo, sia per quanto riguarda le prossime elezioni amministrative.
Il Comune di Roma, ad esempio, che ha da
sempre una valenza nazionale. Dobbiamo costruire una proposta di discontinuità
dal punto di vista culturale, sociale, politico ed economico, che sia esplicitamente
critico nei confronti delle precedenti amministrazioni comunali del
centrosinistra e che preveda un nuovo modo di gestire l'azione pubblica e
un’altra concezione urbana rispetto a quella avanzata da Alemanno.
Recuperiamo quell’energia arancione,
facciamo di nuovo irrompere intelligenze e partecipazione, candidiamoci a fare
egemonia nel centrosinistra, prepariamoci a sostenere le primarie per il
governo, i sindaci e i municipi, diamo a quei successi una dimensione
strategica e nazionale, non lasciamoli chiusi in un cassetto, cimeli di un
passato che non tornerà.
Ovviamente farlo non è facile e non dipende
solo da SEL.
Anche per questo, a maggio del 2012,
l’Assemblea Nazionale di SEL approvava a piena unanimità un odg che chiedeva
venissero «immediatamente convocati gli stati generali del futuro, come luogo per
salvare il Paese», chiarendo subito dopo che «se Bersani ed il Pd dicessero di
no, SEL e Idv sono pronti ad aprire il cantiere» e a farlo vivere perché «non
si può immaginare un percorso verso le elezioni che sia sequestrato dai
partiti, a partire dal nostro».
Ricominciamo da quella primavera, perché
l’estate appena trascorsa non ci ha aiutato: ha alimentato ambiguità,
preoccupazioni, disaffezione e strumentalità. Per fortuna questi ultimi giorni
hanno prodotto un parziale recupero di fiducia: Vendola ha detto parole chiare
sul rifiuto di ogni ipotesi di un patto di governo con l’UDC e si avvicinano
due importanti battaglie, quella di Fava per la Sicilia e quella con Idv, FIOM
e Fds per i nuovi referendum.
Sono elementi positivi, ma un altro passo
altrettanto importante è ancora da compiere. SEL (e con lei la sinistra tutta)
devono imparare a interloquire vicendevolmente e a confrontarsi al loro
interno, seguendo metodi decisionali più democratici, partecipativi e trasparenti,
valorizzando il ruolo delle assemblee locali e accogliendo l’esercizio della
contraddizione, superando la cultura della demonizzazione della critica.
Questo chiedono i molti/e che stanno
firmando il documento “Non affoghiamo nella vecchia politica la speranza
rappresentata da SEL” (disponibile su www.riprendiamocilapolitica.blogspot.it/)
e che si sono dati appuntamento a Roma, il 30 settembre (ore 10.30 presso la
Sala Rossa del X Municipio, Piazza Cinecittà 11), per conoscersi, guardarsi
negli occhi e ragionare assieme, per SEL, per ricostruire una sinistra politica
plurale e innovativa, per un centrosinistra capace di realizzare un’alternativa
di governo.
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