Monica Pasquino - Gli Altri 24/09/2012


Sono iscritti, simpatizzanti di SEL, coordinatori, eletti, dirigenti locali di Roma, Milano, Bari, Firenze, Salerno, Torino, Messina e persino un compagno dalla Grecia, i tanti che stanno aderendo al documento “Non affoghiamo nella vecchia politica la speranza rappresentata da SEL” (disponibile online su http://riprendiamocilapolitica.blogspot.it/).
Il 30 settembre si sono dati appuntamento a Roma: un’assemblea nazionale per aprire uno spazio di confronto che rilanci la proposta politica di SEL, ripartendo dal dialogo tra letture plurali, tra donne e uomini di generazioni e provenienze diverse. Esigono dalla dirigenza nazionale di SEL – e provano loro stessi a praticare – un’idea generosa della politica, che sia capace di mettere in discussione il fiscal compact e le regole invisibili che regolano le nostre vite e i nostri corpi, come la politica delle donne ci ha insegnato.
Nelle metropoli come nei piccoli centri lavorano per la costruzione di una sinistra unitaria e plurale, capace di cimentarsi con le sfide del governo, fianco a fianco con i cittadini che si autorganizzano nelle realtà locali, con Fds, Idv e PD in molte vertenze territoriali o in campagne di rilievo nazionale. Loro non hanno disertato, per riprendere il j’accuse che Bertinotti ha lanciato la scorsa settimana su queste pagine.
Sono stati chiamati erroneamente “dissidenti”, anche se si riconoscono pienamente nel progetto politico di SEL: nella giustizia sociale, nell’equità fiscale, nella tutela del lavoro, nello sviluppo sostenibile, nell’autogoverno e nelle istituzioni locali come strumenti per imporre altre politiche pubbliche. Nella lotta per la riappropriazione pubblica dei beni comuni, il contributo più avanzato per ricostruire assieme le forze di sinistra e il blocco sociale che, in alleanza con il lavoro, possa aprire un processo di trasformazione capace di incidere nella vita quotidiana.
Sono interessati non solo alla partita ma anche al partito e ai luoghi  fisici del confronto e della decisione che, all’interno delle forze politiche, hanno la funzione di preservare la qualità della partecipazione politica. Sono convinti che la sinistra non si rilanci solo attraverso le urne, ma con una lunga e paziente creazione di coalizioni sociali, soprattutto oggi che il ruolo dei partiti come ponte tra società e Stato si è logorato fino al punto che essi sono diventati sinonimo di un ceto politico separato. Sono preoccupati per le alleanze elettorali, vorebbero maggiore autonomia e determinazione nell’incalzare il PD sul terreno di una proposta innovativa di governo e non liquidano affatto l’obiezione di chi contesta la credibilità di un accordo con una forza politica che non è riuscita ad opporsi alla gabbia europea e alla nuova configurazione del potere che Etienne Balibar definisce «dittatura commissariale», realizzata all’insegna dei governi tecnici in vista di un bene superiore: il risanamento dell’economia.
Il percorso che porterà all’assemblea del 30 settembre raccoglie disagi e disorientamento per evitare che degenerino in disaffezione, raccoglie il desiderio di vincere e di crescere assieme. La sfida che si pone è trovare proposte, azioni e parole capaci di rilanciare la spinta innovativa di SEL, senza dimenticare che i programmi elettorali e le alleanze dipendono anche dalla qualità del modo in cui si sta insieme e si decide.
Questo accade a livello nazionale, ma c’è da augurarsi che questa iniziativa aiuti anche le prossime elezioni comunali, perché la costruzione di una coalizione alternativa – e dunque la scelta di una candidatura a Sindaco – non può essere sequestrata dal confronto tra ceto politico istituzionale e dirigenti di partito.
Innanzitutto sosteniamo le primarie, uno strumento decisivo, anche se non risolutivo, non per scegliere personalità salvifiche ma per far irrompere la partecipazione di reti civiche, movimenti ed esperienze sociali.
Prendiamo l’esempio di Roma, il profilo politico di chi si candida dovrà essere di discontinuità rispetto alle precedenti esperienze di governo del centrosinistra, sia per gli indirizzi e le misure politiche, sia per le pratiche e i comportamenti. La discontinuità dovrà mostrarsi innanzitutto per la progettazione urbana e il rapporto con i poteri economici della città.
Nicola Zingaretti, che dalle dichiarazione di alcuni dirigenti locali sembra essere il candidato che SEL sostiene, deve esplicitare con nettezza il profilo della sua proposta e proporre un nuovo patto, a Roma, tra politica istituzionale e pratiche sociali. Anche chi si candiderà in alternativa a Zingaretti deve fare della sua iniziativa l’occasione per riaprire questo canale di comunicazione con la società, mettendo in discussione opportunismi e logiche di potere che segnano anche le esperienze antagoniste.
Ci vorrebbe un percorso simile a “Non affoghiamo” per tutta la sinistra e non solo per SEL, per aprire un confronto nei territori, per costruire ampie e plurali coalizioni sociali a livello locale e vincere le competizioni elettorali. Speriamo arrivi.

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